Pubblichiamo l’intervento integrale della replica del Presidente dell’Unione Nazionale Avvocati Amministrativisti, Mario Sanino, all’articolo di Sergio Rizzo uscito su Repubblica del 12 gennaio dal titolo “Appalti, tre ricorsi al giorno. Ecco come si bloccano le gare”.
Letto l’articolo di Sergio Rizzo “Appalti, tre ricorsi al giorno. Ecco come si bloccano le gare”, su Repubblica del 12 gennaio, si sente la necessità di qualche precisazione a nome dell’Unione nazionale degli avvocati amministrativisti, che rappresenta oltre tremila colleghi attivi nel settore e che ho l’onore di presiedere dalla fine dello scorso anno.
L’articolo racconta di tre casi nei quali sono state avanzate delle censure meramente formali nei confronti dell’aggiudicazione di un appalto (peraltro, tre casi in cui queste censure sono state respinte dal giudice amministrativo) e paventa, più in generale, un diluvio di ricorsi in materia di appalti, cui si dovrebbe il blocco delle gare e l’intasamento della macchina della giustizia amministrativa.
Siamo lieti di poter dissipare le preoccupazioni espresse con riguardo al cruciale tema delle gare per l’affidamento dei contratti pubblici: un problema di eccesso di formalismo nelle gare pubbliche e di ricorsi al giudice amministrativo, in effetti, non esiste.
Premesso che occorre il tempo record di appena poco più di un anno, grazie al rito speciale vigente in materia di appalti pubblici, per definire i due gradi del contenzioso dinanzi al giudice amministrativo e che le “sospensive” concesse dal giudice amministrativo, cioè i provvedimenti che inibiscono il corso della procedura di gara, si contano sulle dita di una sola mano a ciascuna udienza, l’importanza delle formalità nelle procedure di gara si è in vero grandemente ridotta dopo che nel 2017 è stato generalizzato il “soccorso istruttorio”, un istituto che impone alle amministrazioni di consentire al concorrente di sanare ogni vizio non sostanziale della documentazione prodotta in gara.
Gli appalti non sono dunque più il regno di un insensato formalismo da qualche anno ed il fatto che nei tre casi citati i ricorsi siano stati tutti respinti lo dimostra.
Non c’è poi alcun dilagare del contenzioso. Da anni si registra per contro una progressiva riduzione del numero complessivo dei ricorsi al TAR: gli ultimi dati disponibili indicano che meno del 3 per cento degli appalti sono oggetto di un contenzioso e che tale contenzioso ha un effetto “bloccante” su circa il 7 per mille degli appalti!
La domanda da porsi è dunque questa: c’è davvero da rallegrarsene?
Crediamo di no, alla luce delle cause di una tale significativa riduzione. Il principale effetto deflattivo del contenzioso si deve infatti al contributo unificato, cioè alla (gravosissima) tassa da pagare allo Stato per fare causa. Quella prevista per ricorrere al giudice amministrativo di primo e di secondo grado in materia di appalti è incomparabilmente maggiore rispetto a ogni altro contenzioso in ogni altra materia ed è talmente elevata da non avere uguali in Italia e nel mondo intero. Con l’effetto di creare una barriera all’accesso alla giustizia.
A chi pensi che è meglio che non ci siano ricorsi, può replicarsi che sarebbe l’ideale, se gli atti amministrativi fossero tutti legittimi. Ma poiché spesso non lo sono, (e le amministrazioni che indicono le gare dovrebbero preoccuparsi di fare buoni provvedimenti) pensiamo davvero di poter rinunciare a difenderci rispetto ad essi? Che l’affidamento di un appalto possa essere sindacato dal giudice amministrativo serve alla tutela del cittadino che si rivolge al giudice; ma serve anche – e forse prima di tutto – alla legalità complessiva del sistema. Se c’è un giudice che lo può esaminare, quell’appalto offre maggiori garanzie.
E dunque, certamente ogni ricorso che non viene coltivato perché è troppo alto il contributo da pagare per poterlo proporre, è un problema di giustizia sostanziale che riguarda la società, in tal modo privata di ogni possibilità di controllo di legalità in un settore cruciale (per il PIL nazionale e per la stessa lotta alla corruzione), quale è quello degli appalti pubblici.
Infine, gli avvocati amministrativisti non sono certamente fautori di un contenzioso inutilmente cavilloso. La loro funzione è di concorrere a un’attività amministrativa legittima: sono sempre più “ingegneri del procedimento” e sempre meno artefici del successivo contenzioso. Che questo avvenga però per scelta consapevole ed in applicazione del principio di prevenzione (da preferirsi in generale ad ogni cura) e non già per necessità e perché è stato di fatto reso impossibile rivolgersi al giudice amministrativo, tanto più in una materia così delicata come gli appalti!
Mario Sanino
Presidente dell’Unione Nazionale Avvocati Amministrativisti